Per la Cassazione, sentenza n. 25559 depositata oggi, le relative caratteristiche non entrano nella valutazione che deve essere fatta unicamente in base ai parametri richiesti dall’articolo 1118 c.c.Il distacco dal riscaldamento condominiale può essere negato per evitare squilibri nell’impianto condominiale ma non perché l’impianto autonomo n on è a norma. Lo ha chiarito la Corte di cassazione con la sentenza n. 25559 depositata oggi, accogliendo (con rinvio) il ricorso del proprietario di un appartamento all’interno di un edificio nel comune di Lugo in provincia di Ravenna. Il tribunale locale lo aveva condannato a pagare 5.600 euro al Condominio “per spese condominiali relative all’impianto di riscaldamento centralizzato, oltre interessi e spese processuali”. Il ricorrente aveva contestato l’obbligazione asserendo di avere acquistato l’immobile dalla precedente proprietaria che aveva già all’epoca provveduto al distacco dal sistema centralizzato di riscaldamento. Ma anche la Corte di appello gli aveva dato torto affermando che l’impianto realizzato non era a norma. A questo punto il ricorrente si è rivolto alla Suprema corte sostenendo che la valutazione doveva essere effettuata solo sulla scorta dei parametri richiesti dall’articolo 1118 c.c.
La II Sezione civile ricorda che la questione relativa al distacco di un condominio dall’impianto centralizzato condominiale trova la sua immediata disciplina nella normativa di cui all’articolo 1118 c.c., come modificata dalla legge n. 220 del 2012, in vigore dal 18 giugno 2013, c.d. riforma del condominio. La norma, prosegue, ha espressamente ammesso la possibilità del singolo condomino di distaccarsi dall’impianto ma a condizione che dimostri che dal distacco non derivino notevoli squilibri di funzionamento dell’impianto o aggravi di spesa. Il condomino deve, dunque, fornire la prova che “dal suo distacco non derivino notevoli squilibri all’impianto di riscaldamento o aggravi di spesa per gli altri condòmini”. L’onere della prova viene meno soltanto nel caso in cui l’assemblea condominiale abbia effettivamente autorizzato il distacco dall’impianto comune sulla base di una propria autonoma valutazione. Con l’ulteriore specificazione che colui che intende distaccarsi dovrà, in presenza di squilibri nell’impianto condominiale e/o “aggravi” per i restanti condòmini, rinunciare dal porre in essere il distacco perché diversamente potrà essere chiamato al ripristino dello status quo ante. Né l’interessato, ai sensi dell’articolo 1118 c.c., potrà effettuare il distacco e ritenere di essere tenuto semplicemente a concorrere al pagamento delle sole spese per la manutenzione straordinaria dell’impianto e per la sua conservazione e messa a norma, poiché tale possibilità è prevista solo per quei soggetti che abbiano potuto distaccarsi, per aver provato che dal loro distacco “non derivano notevoli squilibri di funzionamento o aggravi di spesa per gli altri condomini”. Tornando al caso concreto, il Tribunale di Ravenna – Sezione distaccata di Lugo ha ritenuto che la delibera del 25 settembre 2014 con la quale il Condominio ha negato al dante causa della ricorrente, l’autorizzazione a mantenere il distacco doveva ritenersi legittima in quanto la condomina vi aveva provveduto autonomamente senza la preventiva comunicazione agli altri condomini. Inoltre, la c.t.u. evidenziava come il distacco operato non rispettava i requisiti normativi. In particolare, l’impianto non rispettava la legge regionale. Per la Suprema corte tuttavia la violazione contestata “attiene sostanzialmente alla sola mancata procedimentalizzazione della pratica per il perfezionamento del distacco e la non messa a regola dell’impianto autonomo realizzato, circostanze che di per sé sole, invece, non hanno alcun rilievo al nostro fine, laddove va verificata nello specifico la mancanza di squilibri tecnici pregiudizievoli per l’erogazione del servizio e gli eventuali aggravi di spesa per i rimanenti condomini scaturenti dal chiesto distacco”.
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