Case green: via libera alla direttiva
La direttiva case green è stata approvata dal Parlamento europeo in via definitiva con 370 voti favorevoli, 199 contrari e 46 astenuti. Nell’accordo finale i molti dei vincoli della proposta iniziale sono stati rivisti e ammorbiditi dai negoziatori per andare incontro alle richieste di Paesi come l’Italia, in cui alcune proposte come quella del salto di classe energetica avevano suscitato forti proteste (qui tutto quello che cambia dopo la direttiva). Dopo il via libera del Parlamento Ue, l’accordo dovrà essere confermato dai governi nazionali per poi essere pubblicato in Gazzetta Ufficiale ed entrare in vigore venti giorni dopo. Gli Stati membri avranno poi due anni di tempo per adeguarsi alla direttiva e presentare all’Ue un piano nazionale di ristrutturazione, in cui dovranno spiegare come intendono raggiungere gli obiettivi fissati dalla normativa Ue e attraverso quali tappe.
Quante case dovranno essere restaurate?
Abbandonata l’idea di classi energetiche armonizzate, per le case si applicherà un obiettivo di riduzione del consumo energetico del 16% dal 2030 e del 20-22% entro il 2035. Per garantire flessibilità ai governi, le misure di ristrutturazione adottate dal 2020 saranno conteggiate ai fini dell’obiettivo e saranno i singoli Paesi a stabilire con quali modalità intendono raggiungere questi target. La direttiva pone un solo vincolo: la maggior parte delle ristrutturazioni dovranno riguardare il 43% degli immobili con le performance peggiori. Questo significa che dei 12,5 milioni di edifici residenziali presenti in Italia quelli da ristrutturare con priorità saranno circa 5 milioni.
Quanto costeranno le ristrutturazioni?
Calcolare in modo preciso l’importo delle singole riqualificazioni non è possibile. Ma, partendo proprio dal tetto di spesa del Superbonus relativo al cappotto termico, che è il principale intervento che consente di migliorare l’efficientamento energetico di un edificio, ci si può fare un’idea dell’ordine di grandezza. La spesa massima ammissibile è 50.000 euro per gli immobili unifamiliari o indipendenti all’interno di edifici plurifamiliari, 40.000 euro per gli edifici da uno a otto unità immobiliari e 30.000 euro se gli edifici hanno più di otto unità. Quindi si può ipotizzare che la spesa minima a cui può andare incontro una famiglia, che decida di fare il cappotto termico per migliorare l’efficientamento energetico della propria casa, oscilli tra queste cifre. Secondo una stima che Scenari Immobiliari ha realizzato per il Sole 24 Ore il costo delle singole ristrutturazioni potrebbe andare dai 20 ai 55 mila euro circa.
Quali sono gli obblighi per i nuovi edifici?
L’accordo prevede che a partire dal 2030 tutti i nuovi edifici residenziali siano a emissioni zero, mentre per gli edifici pubblici lo standard si applicherà dal 2028.
Divieto caldaie a gas e obbligo pannelli: cosa cambia?
Gli Stati avranno tempo fino al 2040 per dire addio alle caldaie a combustibili fossili, mentre dal 2025 dovranno porre fine a tutti i sussidi per le caldaie autonome. Già dal 2025, però non saranno più ammesse agevolazioni fiscali per gli impianti tradizionali, ma solo per gli ibridi, ovvero quelli che associano alla caldaia a condensazione a gas una pompa di calore. L’obbligo di installare i pannelli solari, invece, riguarderà solo i nuovi edifici pubblici e sarà progressivo, dal 2026 al 2030. «La direttiva definisce una traiettoria chiara per accelerare il processo di decarbonizzazione: favorisce l’adozione di soluzioni rinnovabili per il comfort termico ma individua una fase di transizione, in cui l’utilizzo di tecnologie diverse sarà ancora importante. È un approccio insieme ambizioso e pragmatico, che tiene in considerazione le condizioni del parco edilizio esistente e permette ai singoli Stati Membri di implementare le misure più adatte a raggiungere gli obiettivi stabiliti», dice Cosimo Corsini, Chief Strategy Officer di Ariston Group, azienda che produce caldaie, pompe di calore e altri sistemi di riscaldamento. «Ci sono due aspetti particolarmente importanti. Il primo è la separazione tra tecnologia e tipo di combustibile: la caldaia funzionante con un gas green come il biometano o la caldaia elettrica continuerà ad essere incentivata ed è una delle soluzioni tecnologiche che si potranno installare negli edifici», evidenzia Federico de’ Stefani, ad e presidente di Sit spa, in merito alle nuove regole sulle caldaie.